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Ricino - Ricinus communis L.

Ricino

Sinonimo: mano aperta, cafè da olio, fico d’inferno, palma christi

Nome botanico: Ricinus communis L.

Famiglia: Euphorbiaceae


Habitat originario

Originaria probabilmente della fascia tropicale dell’Africa, dell’Egitto e dell’India



Ingredienti

Semi: Oli grassi e proteine, che includono la tossina velenosa ricina
Oli di ricino: esteri dell’acido ricinoleico



Descrizione

Arbusto, erba annuale o albero perenne con foglie rosse o verdi: il ricino si mostra in molte forme e cambia il suo aspetto rispetto all’habitat in cui cresce. Finora sono conosciute circa 20 differenti varietà che differiscono tra loro per forma, colore, altezza e per le spine della capsula del seme. Nonostante le sue variabili forme, il ricino è facilmente riconoscibile dalle sue larghe foglie, con lamina palmata, a forma di stella, con 7-11 lobi, di colore verde scuro lucido e per le sue infiorescenze allungate. Da agosto ad ottobre i fiori poco appariscenti giallo-verdi si aprono in una infiorescenza a pannocchia lungo il gambo. I fiori femminili occupano l’apice dell’infiorescenza e si distinguono per i loro pistilli rossi al centro del fiore. I fiori maschili si riuniscono nella parte basale dell’infiorescenza e sono riconoscibili dai loro stami gialli. I frutti sono capsule spinose a tre valve/comparti e contengono tre semi con striature nero-marroni. Questi semi assomigliano ai fagioli ma in realtà sono un veleno mortale per la presenza della tossina ricina !
Tuttavia, l’olio ottenuto dalla spremitura a freddo dei semi del ricino è non solo sicuro per il consumo umano, ma estremamente utile per preparazioni cosmetiche e medicinali.



Fatti interessanti

I semi del ricino assomigliano alle zecche (in latino “ricinus” vuol dire zecca), piccoli animali che si nutrono di sangue. La parola latina “communis” significa comune, ordinario, consueto. Il nome “Palma Christi”, erroneamente tradotto come l’albero della palma, in realtà fa riferimento alla mano di Cristo.
L’associazione con Gesù Cristo probabilmente deriva dalla presenza del ricino nell’Antico Testamento- nel Libro di Giona (capitolo 4, dal versetto 6 al versetto 10). Una pianta diversamente tradotta come vite o zucca, ma in lingua ebraica chiamata “Kikayon” o pianta del ricino, ha un ruolo centrale in questa storia. Dio diede a Giona l’incarico di andare a predicare alla gente peccaminosa di Ninive (città nell’attuale Iraq). Giona tentò di sottrarsi alla missione fuggendo via e imbarcandosi su una nave diretta a Tarsis (probabilmente l’attuale Spagna). Dio, adirato dalla sua fuga, scatenò in mare una violenta tempesta per fermare il viaggio di Giona, infatti la nave stava per andare in pezzi. I marinai tirarono a sorte per scoprire chi stava causando la tempesta, e quando la sorte mostrò che il problema era Giona, i marinai decisero di gettarlo fuori bordo. Un grande pesce inghiottì Giona, il quale rimase nel ventre per tre giorni pregando il Signore. Dopo tre giorni e tre notti Giona fu rigettato sulla terra, e Dio lo mandò a Ninive per una missione rinnovata di predicazione.

Questa volta Giona obbedì alla parola di Dio e andò a Ninive. In questo luogo Giona cominciò a predicare l’imminente distruzione della città. Infatti il popolo di Ninive, intimorito dalle sue parole, iniziò un digiuno e si ricoprì con un sacco di tela. Per questo Dio, vedendo il loro pentimento, decise di perdonare alla gente di Ninive i loro peccati. Allora Giona provò grande dispiacere per questa decisione troppo repentina e ne fu molto irritato al punto di desiderare la propria morte. In seguito Giona si costruì un riparo fuori della città e, in uno stato profondo rancore, si mise in attesa di vedere ciò che sarebbe avvenuto nella città. Allora Dio fece crescere una pianta di ricino sopra Giona per far ombra sulla sua testa, la quale pianta rese molto felice Giona. Ma il giorno dopo, Giona si arrabbiò molto quando Dio mandò un verme a mangiare il ricino e questo si seccò. Ma questo è quello che Dio voleva che Giona capisse:

"Tu ti dai pena per quella pianta di ricino per cui non hai fatto nessuna fatica e che tu non hai fatto spuntare, che in una notte è cresciuta e in una notte è perita: e io non dovrei aver pietà di Ninive, quella grande città, nella quale sono più di centoventimila persone, che non sanno distinguere fra la mano destra e la sinistra, e una grande quantità di animali?".
(Antico testamento, Libro di Giona, Capitolo 4, Versetto 10-11)

Il “verme”, per inciso, è probabilmente una larva di Olepa schleini, un lepidottero nativo di Israele. Le larve di questa farfalla si alimentano esclusivamente delle foglie del ricino, la qual cosa è notevole dal momento che le foglie del ricino hanno proprietà insetticide.
Lo storico, geografo etnologo greco Erodoto (490/480 a.C. – 425 a.C.) chiamava questa pianta “kiki” e la riferiva originaria dell’Egitto: infatti fu identificata intorno al 1552 a.C. nel più antico documento medico conservato, il Papiro di Ebers. I semi di ricino furono trovati in diverse tombe egiziane. Gli Egiziani utilizzano l’olio di ricino come purgante, ristrutturante per capelli e per il trattamento delle ulcere. Secondo il medico greco Dioscoride (I secolo d.C.) la lista dei disturbi alleviati dalla pianta del ricino era assai lunga e includeva: forfora, scabbia, cicatrici e ferite, otalgia, patologie uterine, costipazione e vermi. La conoscenza delle virtù medicali della pianta del ricino è giunta nell’Europa Centrale solo nel XVI secolo, dove veniva indicata come pianta purgativa e vermifuga.
L’olio di ricino viene utilizzato per scopi cosmetici e medicinali. Dopo l’inattivazione della tossina velenosa ricina attraverso il riscaldamento, i residui provenienti dall’estrazione dell’olio forniscono un buon fertilizzante organico.



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